Le prestazioni professionali e il benessere dei lavoratori sono correlati anche alla loro motivazione e ciò dovrebbe spingere tutte le realtà aziendali a occuparsi del tema della demotivazione sul lavoro. La mancanza di motivazione può diventare un fattore che influenza negativamente l’ambiente lavorativo e il clima tra i dipendenti. Consapevoli di questo, bisognerebbe impegnarsi per riconoscere prontamente la demotivazione lavorativa, individuarne le cause e mettere in atto delle strategie per fronteggiarla.

Cos’è la demotivazione sul lavoro?

Prima di parlare della demotivazione a lavoro, è utile dare una definizione di motivazione, punto di partenza per poter approfondire questo tema. In psicologia con il termine motivazione ci si riferisce al processo che inizia, direziona e mantiene i comportamenti

Quando si parla di demotivazione sul lavoro si fa riferimento a una condizione caratterizzata da mancanza di interesse, allontanamento e/o rifiuto delle mansioni lavorative e più in generale di tutto ciò che riguarda l’ambiente di lavoro. Per il professionista demotivato lavorare non rappresenta più una fonte di realizzazione personale e un’occasione di confronto sociale, ma il lavoro si trasforma in una fonte di stress.

Il professionista non avverte più la spinta a impegnarsi per svolgere in modo efficiente le mansioni che gli sono state assegnate e per raggiungere gli obiettivi lavorativi prefissati. Ciò può avere dei risvolti negativi sulla salute del lavoratore e anche sulle sue prestazioni professionali.

Quali sono le cause della demotivazione a lavoro?

Individuare la demotivazione dei lavoratori e intervenire per porvi rimedio è possibile. Il punto di partenza è conoscere le cause della demotivazione a lavoro, così da poterle individuare caso per caso. E’ da ricordare che i fattori che possono influire sono numerosi e spesso quando si arriva alla demotivazione c’è stato un concorrere di più cause. 

Poche opportunità di crescita lavorativa

Una delle cause di malcontento in ambiente lavorativo e dunque possibile causa di demotivazione in ambito professionale è la scarsa possibilità di fare carriera. Per ricoprire molte posizioni lavorative è stato necessario portare a termine un difficile percorso di studi o accumulare esperienza e i professionisti vorrebbero vedere i frutti del loro impegno. Le poche possibilità di avanzare si associano spesso a demotivazione e a malessere psicologico dei lavoratori.

Insicurezza lavorativa

Un’altra possibile causa è l’insicurezza lavorativa, situazione che vivono tutti coloro che non hanno un contratto a tempo indeterminato o che sono impegnati in un lavoro che non dà sicurezze dal punto di vista economico. La situazione di incertezza può essere accettata di buon grado nel primo periodo post-assunzione, ma a lungo andare può incidere negativamente.

Ambiente lavorativo tossico

Avere dei buoni rapporti con i colleghi e con i superiori è una condizione necessaria per vivere serenamente le proprie giornate lavorative. Sfortunatamente in molti ambienti di lavoro si vive un clima sociale tossico, che può divenire causa di malessere lavorativo e portare a uno stato di demotivazione.

Leadership inadeguata

Oltre che con i colleghi, è fondamentale che i professionisti abbiano anche un buon rapporto con i superiori. Può capitare che questi ultimi abbiano uno stile di leadership inadeguato e che non siano in grado di valorizzare i dipendenti e di spronarli a raggiungere gli obiettivi prefissati valorizzando i loro punti di forza. 

Attività lavorative noiose e ripetitive

Lavori routinari con attività che si ripetono giorno dopo giorno possono ridurre progressivamente l’interesse dei professionisti e portare nei casi più gravi alla demotivazione sul lavoro. Talvolta dunque non sono fattori esterni alla mansione a causare la demotivazione, ma proprio le caratteristiche della mansione stessa.

Come combattere la demotivazione sul lavoro

Per combattere la demotivazione sul lavoro molte aziende stanno applicando la teoria di Herzberg, che è divenuta nota anche come teoria dei due fattori. Secondo Frederick Herzberg è necessario effettuare una valutazione di due categorie di elementi: da un lato i fattori igienici e dall’altro i fattori motivazionali.

Nella prima categoria rientrano tutti quei fattori esterni all’individuo che possono portare alla demotivazione, mentre nella seconda categoria rientrano quei fattori che possono agire sullo stato motivazionale dell’individuo e che aiutano a raggiungere la motivazione. Per comprendere meglio a cosa ci si riferisce quando si parla di fattori igienici e motivazionali è utile fare degli esempi.

Fattori igienici

La prima categoria è quella dei fattori igienici e tra questi si possono elencare:

  • Politiche messe in atto dalle risorse umane;
  • Relazioni interpersonali;
  • Sicurezza dell’attività lavorativa;
  • Metodo di supervisione da parte dei superiori;
  • Condizioni e caratteristiche dell’attività lavorativa (ad esempio orari di lavoro, turnazioni, giorni di riposo, retribuzione);
  • Equilibrio tra vita professionale e vita personale.
Fattori motivazionali

La seconda categoria raccoglie invece i fattori motivazionali, tra i quali si ricordano:

  • Riconoscimento degli obiettivi raggiunti e gratificazione del lavoratore;
  • Attività professionali qualificante;
  • Possibilità di ottenere avanzamenti di carriera;
  • Mansione lavorativa con responsabilità;
  • Possibilità di crescita dal punto di vista professionale e di formazione (ad esempio la formazione dei lavoratori sulla sicurezza).

Come mettere in pratica la teoria di Herzberg

Herzberg è stato il primo studioso a introdurre l’idea che focalizzarsi solo sulle cause di insoddisfazione o sui fattori che creano soddisfazione non è sufficiente. Si è visto infatti che procedendo solo con l’eliminare le cause di insoddisfazione senza introdurre degli elementi in grado di creare soddisfazione non si ottiene il risultato sperato. Parimenti non si riesce a perseguire la motivazione dei dipendenti procedendo con l’introdurre elementi che creano soddisfazione senza rimuovere quei fattori causa di insoddisfazione.

Fase 1: eliminare i fattori di insoddisfazione

La prima fase di intervento dovrebbe essere volta all’individuazione di tutti quei fattori igienici che possono causare malessere lavorativo e portare alla demotivazione. Gli elementi individuati dovrebbero essere eliminati o attenuati. Di seguito alcuni suggerimenti utili:

  • Scegliere delle politiche aziendali che siano costruttive e semplici;
  • Favorire la cultura del rispetto tra tutti i dipendenti;
  • Creare delle mansioni lavorative che abbiano compiti di responsabilità;
  • Affidarsi a efficaci strumenti per il sostegno dei lavoratori e per la supervisione;
  • Offrire ai dipendenti dei salari soddisfacenti;
  • Investire sulla sicurezza e sulla prevenzione dei rischi sul lavoro.

Fase 2: introdurre elementi di soddisfazione

Dopo aver eliminato i fattori causa di insoddisfazione si può procedere con la seconda fase, la quale prevede di introdurre dei fattori di soddisfazione. Lo scopo è consentire ai dipendenti di raggiungere il livello di motivazione ottimale per dare il massimo dal punto di vista lavorativo e per stare bene con loro stessi. Di seguito alcuni suggerimenti che si possono seguire:

  • Offrire ai dipendenti l’opportunità di realizzarsi dal punto di vista professionale;
  • Stabilire degli obiettivi professionali gratificanti e che siano coerenti con le competenze e le conoscenze dei lavoratori;
  • Creare un sistema di avanzamento di carriera;
  • Riconoscere ai lavoratori gli obiettivi raggiunti, offrendo loro ricompense economiche e/o simboliche;
  • Delegare le responsabilità.