Il rumore è uno dei principali rischi che si riscontrano in ambito lavorativo e ciò rende indispensabile capire quando e come effettuare la valutazione del rischio rumore. Capita spesso che si sottovalutino i potenziali danni che potrebbero essere determinati dall’esposizione a livelli eccessivi di rumore o che si minimizzi l’impatto che l’esposizione lavorativa possa aver avuto sulle difficoltà acustiche dei lavoratori rilevate con gli esami strumentali.

Cos’è la valutazione del rischio rumore?

Per definire cos’è la valutazione del rischio rumore bisogna prima capire cos’è il rischio rumore. Si tratta di un rischio appartenente alla più ampia categoria dei rischi fisici e il D.Lgs. 81/08 art. 190 richiede che venga effettuata in determinate circostanze una valutazione specifica di questo rischio.

Tipologie di rumore negli ambienti di lavoro

Negli ambienti di lavoro è possibile fare una distinzione tra due tipologie di rumore. Entrambe devono essere prese in esame nel corso della valutazione del rischio rumore, dal momento che entrambi i tipi di rumore possono esercitare effetti negativi sui lavoratori e sulle loro prestazioni professionali.

La prima tipologia è il rumore dannoso, che si definisce tale quando supera i limiti previsti dalla legge per la durata dell’esposizione e/o per l’intensità dello stimolo acustico. La seconda tipologia è il rumore disturbante, il quale non giunge al superamento dei limiti ma determina comunque uno stato di reattività psicologica del lavoratore.

Mentre per il rumore dannoso è più semplice fare una valutazione oggettiva dovendo solo rilevare durata e intensità, per il rumore disturbante entrano in gioco fattori soggettivi dei singoli lavoratori. Uno stesso rumore può avere un effetto disturbante su alcuni lavoratori e non essere di disturbo per l’attività professionale di altri: nella valutazione del rischio rumoroso bisogna prendere in esame anche questo aspetto.

Possibili effetti del rumore sui lavoratori

Il rumore può avere effetti negativi sia diretti che indiretti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori. A titolo di esempio si possono citare il danno acustico temporaneo o permanente conseguente all’esposizione a livelli di rumore eccessivi e l’incapacità di riconoscere segnali acustici di pericolo a causa della rumorosità ambientale.

Lavorare in ambienti rumorosi o essere esposti a stimoli acustici eccessivi anche per periodi di tempo limitati può causare l’insorgenza di ipoacusia e nei casi più gravi può essere la causa di sordità. Sia l’ipoacusia che la sordità rientrano tra le malattie professionali con maggior incidenza, il che impone la necessità di effettuare un’attenta sorveglianza sanitaria e di mettere in atto tutte le misure preventive e protettive possibili. 

In caso di esposizione istantanea a degli stimoli acustici molto intensi il lavoratore può avvertire dolore e si può verificare la lacerazione del timpano. Il danno acustico che ne consegue è spesso irreversibile, per questo motivo dal punto di vista tecnico è necessario fare il possibile per evitare che questi episodi si verifichino, ma è fondamentale anche che i lavoratori comprendano l’importanza di utilizzare i dispositivi di protezione per l’udito.

Danni acustici possono insorgere anche nel caso di esposizione prolungata a livelli di rumore oltre il limite di 80-85 dB previsto dalla normativa vigente. L’esposizione prolungata a rumore eccessivo senza il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale può essere causa di ipoacusia e può portare nel lungo periodo a un progressivo peggioramento della capacità uditiva. 

Valutazione del rischio rumore: definizione

La valutazione del rischio rumore è quella valutazione specifica che ha come obiettivo il riconoscimento e l’analisi di tutte le possibili fonti di rumore in ciascun contesto lavorativo. Questa valutazione deve avere poi un risvolto pratico e deve diventare il punto di partenza per la definizione di strategie di prevenzione dei rischi lavorativi e di riduzione della rumorosità sul luogo di lavoro

Normativa valutazione rischio rumore

Per non commettere errori in fase di valutazione e per eseguire una procedura che sia corretta dal punto di vista legale, è necessario fare affidamento alla normativa per la valutazione del rischio rumore. I riferimenti legislativi da tenere a mente sono il D.Lgs. 81/08 e il D.Lgs. 195/06, ai quali si affiancano due riferimenti tecnici di grande valore, ovvero l’UNI EN ISO 9612:2011 e l’UNI 9432:2011.

Il D.Lgs. 81/08 è il riferimento principale per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, caposaldo della medicina del lavoro e indispensabile conoscenza anche per i datori di lavoro e per tutti coloro che operano nel settore della sicurezza sul lavoro. Il D.Lgs. 195/06 è invece il decreto legislativo con cui è stata attuata la direttiva 2003/10/CE riguardante l’esposizione dei lavoratori al rischio fisico rumore

La UNI EN ISO 9612:2011 è il riferimento tecnico per avere indicazioni sul metodo da impiegare per stimare l’esposizione al rumore negli ambienti lavorativi in maniera corretta. Seguendo la giusta procedura sarà possibile rilevare il livello di esposizione sonora dei lavoratori sulla base della mansione svolta e del luogo di lavoro in cui prestano la loro opera. 

La normativa vigente stabilisce che la UNI EN ISO 9612:2011 debba essere considerata complementare alla UNI 9432:2011. Quest’ultima è la norma relativa ai livelli di esposizione giornalieri, settimanali e di picco ai quali bisogna fare riferimento per essere in regola con la legge in vigore in Italia. 

Quando è obbligatoria la valutazione rischio rumore?

La valutazione riguardante il rischio rumore deve entrare a far parte del documento di valutazione dei rischi (DVR) nei casi in cui questa valutazione sia obbligatoriamente richiesta, ma anche nei casi in cui si decida di procedere comunque alla valutazione del rumore professionale pur senza obbligo di legge.

Per capire quando è obbligatoria la valutazione rischio rumore è necessario fare riferimento ai rischi professionali legati alla tipologia di attività svolta dall’azienda. L’obbligo si ha nel momento in cui è presente anche per un solo dipendente l’esposizione a fonti di rumore in relazione alla mansione svolta e alle attrezzature impiegate.

I criteri temporali da rispettare per la valutazione di questo rischio fisico sono gli stessi che vanno rispettati per la stesura del DVR. Dal punto di vista formale il documento di valutazione dei rischi deve essere redatto entro novanta giorni dall’apertura di una nuova impresa e le eventuali modifiche dell’attività lavorativa e/o delle mansioni devono essere indicate nel DVR entro trenta giorni. La Legge 161/14 ha però introdotto delle importanti modifiche, specificando al datore di lavoro che la valutazione dei rischi deve essere immediata, sia nel caso di apertura di una nuova impresa che di modifiche dell’attività lavorativa.

Il D.Lgs. 81/08 art. 181 al comma 2 introduce per i rischi da agenti fisici, tra cui rientra appunto il rischio rumore, l’obbligo di effettuare una valutazione almeno ogni quattro anni. E’ possibile comunque procedere a delle rivalutazioni con frequenza maggiore nel caso in cui si dovessero rendere necessari il controllo di particolari fonti di rumore o la valutazione dell’esposizione professionale connessa a determinate mansioni.

Se presenti tra la documentazione aziendale, i risultati della valutazione rischio rumore devono essere indicati nel Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC), nel Piano Operativo della Sicurezza (POS) e nel Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenti (DUVRI).

Come fare la valutazione del rischio rumore

Sapere come fare la valutazione del rischio rumore è indispensabile per poter analizzare senza errori le fonti rumorose e mettere in luce eventuali situazioni di pericolo per la salute e per la sicurezza dei lavoratori. I due parametri principali dell’onda sonora da quantificare sono la frequenza (misurata in hertz) e l’ampiezza (misurata in decibel).

Per quanto riguarda gli effetti negativi che gli stimoli acustici possono avere, essi dipendono essenzialmente da tre fattori: la frequenza del rumore, la sua intensità e la durata dell’esposizione del lavoratore allo stimolo rumoroso. Nella valutazione del rischio bisogna dunque tener conto ed eventualmente andare ad agire su questi tre fattori per proteggere la salute dei lavoratori. 

La tipologia di valutazione da effettuare varia a seconda del livello di rischio rumore che viene individuato con l’analisi delle attività dell’azienda e delle mansioni presenti. Sulla base del rischio si stabilisce se effettuare una valutazione con o senza misurazioni fonometriche

Valutazione senza misurazioni fonometriche

La valutazione del rischio rumore effettuata senza misurazioni fonometriche viene eseguita negli ambienti lavorativi in cui si ha un’esposizione trascurabile al rumore. In questo caso sono sufficienti delle rilevazioni standard, il cui scopo è accertare che non ci sia un superamento dei limiti imposti dalla legge. 

Valutazione con misurazioni fonometriche

La valutazione con misurazioni fonometriche è necessaria invece in tutti quegli ambienti di lavoro in cui si ha un’esposizione non trascurabile al rischio rumore. In questi casi non sono sufficienti le rilevazioni standard, ma si procede con delle rilevazioni acustiche specifiche. 

Documento di valutazione del rischio rumoroso

Al fine di effettuare una valutazione precisa e di non dimenticare alcun passaggio, si può seguire uno schema utile per ottenere un documento di valutazione completo del rischio rumore:

  • Definire e indicare i limiti di esposizione;
  • Segnalare tutti i fattori che potrebbero influire sul rischio rumore (ad esempio rumori improvvisi e rischio vibrazione);
  • Segnalare la presenza negli ambienti di lavoro di eventuali macchine o aree di lavoro con rischio rumore elevato;
  • Segnalare l’eventuale interferenza tra le fonti rumorose e i segnali di sicurezza;
  • Prendere in considerazione i dati forniti dai costruttori circa l’emissione di rumore;
  • Segnalare se presente l’esposizione al rumore che si protrae anche al termine del turno lavorativo;
  • Integrare i dati ottenuti attraverso la sorveglianza sanitaria;
  • Valutare i dispositivi di protezione per l’udito.